Novalis
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Novalis, pseudonimo di Friedrich Leopold Freiherr von Hardenberg (2 maggio 1772, Oberwiederstedt, Sassonia - 25 marzo 1801), č stato uno scrittore e poeta tedesco. L'educazione religiosa ricevuta in gioventů, insieme agli studi filosofici che compì, si riflesse largamente nella sua produzione letteraria. Dopo aver frequentato il ginnasio a Eisleben, si iscrisse nel 1790, come studente di filosofia, all'UniversitĂ di Jena, dove ebbe come compagno Friedrich Schiller.
Il pensiero di Novalis ebbe una funzione decisiva nell'ambito della rilettura del passato operata dal romanticismo; in pratica funzionò da svolta nella cultura europea che cominciava a sostituirsi all'antichità come elemento decisivo di confronto e vagheggiamento fantastico con il passato del medioevo popolare e cristiano (processo che poi approderà , con il decadentismo wagneriano, al medioevo mitologico germanico).
Il cenacolo di Jena - che inventò il movimento romanticista tedesco, poi dilagato in Europa grazie a Madame de Staël; - riconobbe in Novalis un maestro. I principali esponenti del gruppo, i fratelli Schlegel e Tieck, si considerarono dopo la sua morte i suoi continuatori.
Nonostante ciò, il saggio Cristianità o Europa, da cui prese le mosse la rivalutazione del medioevo cristiano, non fu pubblicato sulla rivista del gruppo, Athenaeum: ci furono dissensi all'interno del gruppo, e alla fine il verdetto sfavorevole di Goethe chiamato come arbitro. Esso fu pubblicato solo nel 1826.
Table of contents |
2 Rileggendo Plotino 3 Religione, misticismo e sensualitĂ 4 Opere 5 I inno- 6 II inno- 7 III inno- 8 IV inno- 9 V inno- |
Scrive in un frammento del 1800:
Romanticismo, fase eroica
Negli scritti e articoli di Novalis sono presenti tutte le posizioni tipiche della fase eroica del romanticismo. Lo testimonia, fra l'altro, il frammento giovanile, databile intorno al 1789-1790, in cui parla della poesia e dell'”entusiasmo”: chiama “la poesia, figlia del piů nobile impeto e delle sensazioni e passioni piů alte e forti”.
Oppure ancora il frammento sulla traduzione, pubblicato su Athenaeum nel 1789 quando distingue tra tre tipi di traduzione e soprattutto delle “traduzioni mitiche che sono traduzioni nello stile piů alto. Esse espongono il carattere puro e compiuto dell'opera d'arte individuale. Non ci presentano l'opera d'arte reale bensì il suo ideale [...]”.
Nel corpus degli scritti di Novalis sono innumerevoli anche le intuizioni, precorritrici di movimenti e climi poetici che saranno in altre stagioni della storia poetica europea.
Così l'idea di linguaggio come attività separata e autonoma capace di giungere al significato proprio quando lo si separa dall'intenzionalità razionale: una posizione che rimanda alle "parole in libertà " dei dada e dei surrealisti.
«Nessuno sa», scrive Novalis intorno al 1789-1790, «che la peculiaritĂ del linguaggio č proprio quella di preoccuparsi solo di sĂ© stesso. Perciò esso č un mistero così portentoso e fecondo: se infatti si parla solo per parlare allora si pronunciano le veritĂ piů splendide e originali. Se invece si vuol parlare di qualcosa di determinato, allora il linguaggio, questo spiritoso, ci fa dire le cose piů ridicole e insensate [...]. Potessimo far capire alla gente che per il linguaggio accade lo stesso che per le formule matematiche: costituiscono un mondo a sĂ©, giocano solo con sĂ© stesse, non esprimono altro che la loro meravigliosa natura e proprio perciò sono così espressive, proprio perciò vi si rispecchia l'insolito gioco dei rapporti tra le cose [...] solo nel loro libero moto si manifesta l'anima del mondo [...]. Pur ritenendo di aver indicato con ciò, nel modo piů chiaro, l'essenza e la funzione della poesia, so però anche che nessuno può comprenderle, e di aver detto delle sciocchezze, perchĂ© appunto ho voluto dirle, e così non nasce nessuna poesia. E se dovessi però parlare? E se quest'impulso linguistico al parlare fosse il contrassegno dell'ispirazione del linguaggio, dell'efficacia del linguaggio in me? E se poi la mia volontĂ volesse tutto ciò che io dovessi, ciò non potrebbe infine essere, senza che io lo sapessi o vi credessi, poesia, e non potrebbe rendere comprensibile un mistero del linguaggio? Sarei dunque così uno scrittore nato, visto che lo scrittore non č che un entusiasta del linguaggio?». La strada pionieristica di Novalis, che in altri ha portato all'idea dell'arte per l'arte e al rifiuto della realtĂ e dell'impegno in essa.
Rileggendo Plotino
L'idea romanticista di Novalis ha una buona parte delle sue radici nella rilettura di Plotino. Di contro al trionfo del pensiero sistematico, vince in lui un pensiero fortemente orientato al frammentismo, poetico e saggistico. Da questo punto di vista č un atteggiamento simile a quello di Leopardi. Sua idea centrale č il concetto di «immaginazione creatrice», la capacitĂ che ha l'immaginazione di forza plastica; il logos come parola poetica. Passato, immaginazione, sono due strumenti messi al servizio di una revisione dell'idea di progresso e di storia, che si concentra attorno alla nuova idea di Europa che Novalis presenta: un'Europa fortemente eurocentrica, unitarista, 'forte' e germanica, una visione che non sarĂ senza conseguenze nella successiva assunzione dell'irrazionalismo romanticista da parte della mitografia reazionaria
Religione, misticismo e sensualitĂ
Per capire meglio Novalis e il perché di questo scritto, non si può prescindere dalla formazione rigidamente pietistica ch’egli ricevette in famiglia.
Il padre, il barone Erasmus, si sentì attratto da quella forma di religiosità protestante sorta in polemica con il luteranesimo istituzionale chiamata pietismo, ed ebbe il suo centro di diffusione a Herrnhut (Dresda).
Questa fu la via che imboccò il padre di novalis, dopo essere rimasto scosso per la perdita della prima moglie. Quel lutto segnò così in modo decisivo non solo la sua vita, ma anche quella della famiglia che si costruì piů tardi; il barone infatti, profondamente convinto della ragionevolezza di quella dottrina, per punizione, si costrinse, e costrinse i famigliari, a vivere una vita rigorosa, severa che sfociò nel progressivo isolamento.
Nonostante ciò, l’esperienza religiosa di Novalis non sfociò nel rifiuto per essa, si fece esperienza poetica, ma quest’ultima porta ancora evidenti tracce della concezione pietistica, e piů in generale, mistica, della conversione che č frutto di un illuminazione e inizio di una strada che porta all'assoluto.
La struttura mentale di Novalis č quella di un mistico: certe immagini che egli adopera, certe metafore linguistiche, fanno parte della letteratura mistica. Prima di abbandonare questo discorso sul pietismo, č opportuno accennare ad uno sviluppo importante ch’esso ebbe nella storia dello spirito e della letteratura. La pratica pietistica dell’esame di coscienza, che aveva portato alla stesura di tante “confessioni” (una per tutte il 6° libro di Dichtung und Wahrheit di Goethe, intitolato Die Bekenntnisse einer schönen Seele) aveva dato vita ad un idealismo romanzesco che “sembra essere a giusto titolo una delle forme germaniche e protestanti del bell’ingegno e del preziosismo”: v’era un tipo intellettuale e sentimentale nella societĂ tedesca, che tentava di amalgamare le esigenze del cuore con il pensiero filosofico. Era un tipo presentato da Jacobi nel romanzo Woldemar, appartenente a una classe sociale tale per cui risultava esonerato o quasi dalle necessitĂ dell’esistenza e poteva dedicarsi con agio all'analisi interiore e ai godimenti intellettuali. Nel romanzo il protagonista e la partner godono del proprio cuore piů che della passione realmente provata,adorano se stessi nell’oggetto amato e nell’amore cercano soprattutto il loro proprio metodo per amare,vale a dire un idea raffinata ed esaltata di se stessi. Si può quindi dire che sul piano mondano il pietismo si trasformi in un educazione mistica del sentimento. In uno dei suoi Frammenti Novalis scrisse:
“Bisogna nobilitare la passione utilizzandola come un mezzo, conservandola a forza di volontĂ per farne il veicolo di un idea bella. Per esempio di un alleanza stretta con un “io” amato”. È stretta la linea di confine che separa l’intenzione di coltivare la propria sensibilitĂ per poter provare sentimenti piů elevati, dall’intenzione di abbandonarsi ai piů raffinati piaceri sensuali dell’immaginazione. E la passione di Novalis verso Sophie,la fidanzata bambina, rientra perfettamente in questo discorso: non č tanto rivolta al suo naturale oggetto (Sophie) quanto č prodotta piuttosto dal gioco d’immaginazione che nasce dall’esaminare, scrutare, indagare continuamente se stessi. Quest’amore quindi sarebbe “un voluttuoso dell’immaginazione piů ancora che dei sensi”. In effetti, traspare una sottile malia erotica, dagli Inni e dai Canti spirituali come dagli aforismi; espressioni a tutta prima indifferenti acquistano un timbro voluttuoso: “Cos’č la fiamma?Uno stretto amplesso il cui frutto si espande in una voluta voluttuosa”. V’č una mistica erotica anche nella morte. Tutto, in definitiva, può trasformarsi in voluttĂ ; tale č la morale segreta del sensuale mistico. È indubbio quindi che in Novalis debba esser considerata anche questa faccia del misticismo sensuale, diretta ma non necessaria derivazione di quello religioso-pietistico.
La contaminazione tra sacro e profano, si mantenne però quasi sempre in Novalis entro limiti accettabili e non raggiunse mai quegli estremi morbosi cui arrivarono altri scrittori romantici.
Le questioni sulla data di composizione degli “inni” sono molte e, non ancora risolte. Novalis, infatti, singolarmente, non lasciò scritto in nessuna carta, privata o lettera che fosse, comunicazione alcuna a proposito di ciò che stava scrivendo; le sole e piů importanti indicazioni che si ricavano dalle lettere degli amici furono quelle che ci vengono da Schlegel, il quale asserì d’aver visto ai primi di marzo del 1798, tra le carte e le “opere a stampa” “splendidi pensieri sul cristianesimo e sulla morte”.
Accanto al problema della datazione degli “Inni”, o meglio, della datazione delle probabili, anche se non dimostrate, prime redazioni parziali, v’č anche quello della loro stesura. Le ipotesi che si lasciano formulare sono sostanzialmente tre: secondo la prima ,che raccoglie maggior numero di studiosi, il Gedicht č nato tutto in una volta; in base alla seconda, il IV inno č stato aggiunto in un momento successivo; per la terza,la redazione manoscritta e quindi il Gedicht ha avuto una formazione graduale. Ciò che appare comunque certo č che gli “Inni” non possano essere considerati l’espressione immediata di un esperienza spirituale, e che anzi siano il risultato di un lungo e difficile processo mentale.
Gli “Inni alla notte” sono un poema in prosa ritmica e in versi,suddiviso in sei parti diseguali,che hanno come punto di partenza un esperienza eroico-filosofico-religiosa profondamente vissuta e come tema la vittoria sulla morte.
Il nucleo dell’esperienza č la morte della fidanzata Sophie; gli “Inni” sono l’immagine artisticamente rielaborata dell’evoluzione subita da Novalis nello spirito, nel pensiero, nella poesia dalla scomparsa della ragazza sino quasi alla vigilia della propria morte. L’esperienza dolorosa, resa ancor piů viva dalla scomparsa tre settimane piů tardi del fratello prediletto, diede alla potenzialitĂ del suo spirito una direzione unitaria. Novalis aveva scritto, sino ad allora un buon numero di liriche e raccolto una messe di appunti, annotazioni, liriche,”frammenti” sulla politica,sulla filosofia e sulle scienze ;a partire dal 1797 vengono concepite come opere unitarie ,concluse che contengono in modo organico la visione del mondo nuovo, “romantico”, in consapevole contrasto con il mondo della Klassik e dell’ Aufklarung.
Di notevole importanza per cogliere l’atteggiamento del poeta verso la vita e, per poter comprendere meglio gli “inni” č la lettura del diario che tenne per qualche mese, dopo la morte di Sophie. Appare chiaro che il centro dei suoi pensieri, in quel periodo, fosse costituito dalla certezza della vita oltre alla morte e dalla certezza del ricongiungimento con l’amata nell’ aldilĂ ;l’unico conforto risiedeva nella speranza di seguirla presto nell’altro mondo. Di fondamentale importanza č la data del 13 maggio: infatti questo č il giorno in cui Novalis, recatosi sulla tomba della giovane, passa attraverso un esperienza spirituale di straordinaria intensitĂ , eccone la prova:
“La sera andai da Sophie. Qui mi sentii indescrivibilmente lieto lampeggianti momenti di entusiasmo soffiai via la tomba avanti a me,come polvere secoli e momenti erano la stessa cosa la sua vicinanza era sensibile io credevo che dovesse da un momento all altro apparirmi…”
Non una visione vera e propria quindi, ma qualcosa di piů: la sensazione che il tempo e lo spazio fossero aboliti,la sensazione del superamento della soglia tra il mondo visibile e quello invisibile,dell’entrata in un'altra dimensione che può dare a chi vi partecipa,la misura dell’illusorietĂ della vita materiale. Queste parole hanno un riscontro preciso nel III Inno e quindi possono essere considerate come il germe dell’intero poema.
Sempre procedendo per comparazioni tra gli “Inni “ e le sue annotazioni biografiche, possiamo renderci conto che a poco a poco sul pensiero della propria morte imminente e, sul conseguente ricongiungimento con l’amata, prende il sopravvento una concezione che permette di nuovo l’attaccamento e l’interesse alla vita. Si tratta della concezione cristiano-romantca, per cui l’anima che aspira all’unione mistica deve passare attraverso la morte, che č motivo di celebrazione e di festa perchĂ© introduce alla luce celeste. L’ascesa avviene per gradi: 3 e sono Sophie-Cristo-Dio. I primi due sono i mediatori, e la prima prepara l’avvento del secondo. La figura di Sophie, o meglio della sua immagine idealizzata che il poeta s’era fatto, alla fine diventa mezzo: se da principio il Poeta aspetta con desiderio la morte per ricongiungersi a lei, piů avanti se la prende come intermediaria perchĂ© lo conduca a Cristo, e attraverso la morte, lo faccia entrare nella casa del Padre. La figura di Sophie, il cui nome non compare mai nel poema, si carica via via, come la Beatrice di Dante, di significati allegorici che la fanno sempre piů coincidere con la Sapienza divina. Nella versione manoscritta degli “Inni “gli elementi riconducibili all’autobiografia sono piů numerosi che nella versione finale e, le due aspirazioni (ricongiungimento e ritrovamento di Dio) formano quasi due centri intorno ai quali ruotano rispettivamente i primi tre e gli ultimi tre Inni.
Quale vivente,dotato di sensi,non ama tra tutte le meravigliose parvenze dello spazio che ampiamente lo circonda,la piů gioiosa, la luce -coi suoi colori,coi raggi e con le onde;la sua soave onnipresenza di giorno che risveglia?Come la piů profonda anima della vita la respira il mondo gigantesco delle insonni costellazioni,e nel suo flutto azzurro nuota danzando -la respira la pietra scintillante,che posa in eterno,la pianta sensitiva che risucchia,l'animale multiforme,selvaggio e ardente - ma piů di tutti il maestoso viandante con gli occhi pieni di profondi sensi, col passo leggero, e con le labbra ricche di suoni dolcemente socchiuse. Quale regina della natura terrestre chiama ogni forza a mutamenti innumerevoli, annoda e scioglie vincoli infiniti, avvolge ogni essere terrestre con la sua immagine celeste. -La sua sola presenza manifesta il meraviglioso splendore dei reami del mondo. Da lei mi distolgo e mi volgo verso la sacra, ineffabile misteriosa notte. Lontano giace il mondo -perso in un abisso profondo -la sua dimora č squallida e deserta. Malinconia profonda fa vibrare le corde del mio petto. Voglio precipitare in gocce di rugiada e mescolarmi con la cenere. -Lontananze della memoria,desideri di gioventů,sogni dell'infanzia,brevi gioie e vane speranze di tutta la lunga vita vengono in vesti grigie,come nebbie della sera quando il sole č tramontato. In altri spazi piantò la luce le festose tende. Mai piů ritornerĂ ai suoi figli che l'attendono con fede d'innocenti?Che cosa ad un tratto zampilla grondante di presagi sotto il cuore e inghiottisce la molle brezza della malinconia?Da noi derivi a tua volta piacere,o buia notte? Quale cosa tu porti sotto il manto che con forza invisibile mi penetra nell'anima?Delizioso balsamo stilla dalla tua mano, dal mazzo di papaveri. Le gravi ali dell'anima tu innalzi. Noi ci sentiamo oscuramente e ineffabilmente turbati -con gioioso spavento vedo un volto severo che su di me si china dolce e devoto, e svela tra i riccioli senza fine intrecciati la cara giovinezza della madre. Come infantile e povera mi sembra ora la luce -come grato e benedetto l'addio del giorno - Solo perchĂ© la notte distoglie e allontana da te i tuoi fedeli, tu seminasti per gli spazi immensi le sfere luminose, ad annunziare l'onnipotenza tua -il tuo ritorno -nel tempo della tua lontananza. Piů divini delle stelle scintillanti ci sembrano gli occhi infiniti che in noi la notte dischiude. Vedono oltre le piů pallide gemme di quelle schiere innumerevoli -non bisognosi di luce frugano nel profondo di un'anima amante -voluttĂ ineffabile colma uno spazio piů alto. Lode alla regina del mondo, alta annunciatrice di mondi santi, custode del beato amore, che a me ti manda -tenera amata -amabile sole notturno, -ed ora veglio -sono Tuo e Mio -la notte mi annunziasti come vita -mi hai fatto uomo -consuma con l'ardore dell'anima il mio corpo,perchĂ© lieve nell'aria con te piů strettamente io mi congiunga e duri eternala notte nuziale.
Inizia con l’esaltazione della luce, del giorno, amato dai tre regni della natura e soprattutto dall’uomo, “der herrliche Fremdling”, “lo splendido intruso”; la luce č “il re della natura umana”; ma il opera,colpito dalla morte della persona cara, fa l’esperienza della notte, che gli appare come il volto severo di una giovane madre, sotto un intrecciarsi infinito di riccioli. Ne comprende l’essenza e prende lietamente congedo dal giorno. Essa č “la regina del mondo”, “eccelsa annunciatrice di mondi sacri”, inviata dall’amata, che vuol rivelargli che la notte č vita e, che può rendere eterna la loro unione.
Affianco alla concezione romantica di luce come simbolo di vita c’č anche un aspetto ancora puramente “illuministico”: la luce č anche simbolo dell’intelletto razionalistico e vuole avere ragione di quelle potenze dell’animo che solo sono in grado di schiudere mondi nuovi; per questo all’esaltazione della luce seguirĂ quella ben piů coinvolgente e duratura del suo contrapposto, della Notte. Il mondo visibile, il regno della luce, sarĂ ancora il mondo delle apparenze.
Deve il mattino sempre ritornare?La potenza terrestre avrĂ mai fine?Consuma un vano affaccendarsi il volo celeste della notte. E mai l'offerta segreta dell'amore arderĂ in eterno?Fu misurato alla luce il suo tempo;ma il regno della notte č senza tempo e senza spazio. - Eterno dura il sonno.Sonno santo -non fare troppo raramente lieti i consacrati alla notte in questa terrestre quotidiana fatica. Soltanto i folli non ti riconoscono e di te nulla sanno se non l'ombra che tu spandi su noi pietosamente nel crepuscolo della notte vera.Non ti sentono nel flutto d'oro del grappolo -nell'olio miracoloso del mandorlo, e nel latice bruno del papavero.Non sanno che tu adombri il tenero seno della vergine e il suo grembo fai cielo -non indovinano che uscita da antiche leggende tu avanzi e schiudi i cieli,portando la chiave dei soggiorni beati,silenzioso araldo di misteri infiniti.
Il poeta cerca anche nel regno della luce la “notte” come simbolo di vita e la trova nel “sacro sonno” e in tutto ciò che da l’ebbrezza:”nell’aureo fiotto del grappolo,nell’olio prodigioso del mandorlo e nel bruno succo del papavero”: Ma č soprattutto tramite l’amore e la fede che possiamo ,anche nel regno della luce, quindi nel mondo infinito,entrare in contatto con la notte e,quindi,con l’infinito.
Un giorno che versavo amare lacrime, che in dolore disciolta svaniva la mia speranza, ed io stavo solitario presso l'arido tumulo che in un breve oscuro spazio chiudeva la forma della mia vita - solitario come nessuno era mai stato, sospinto da indicibile angoscia - privo di forze, in me soltanto un senso di miseria, come mi guardavo intorno cercando aiuto, non potevo avanzare né indietreggiare, e mi aggrappavo alla fuggente vita, spenta, con infinita nostalgia: - allora venne dalle azzurre lontananze - dalle altezze della mia antica beatitudine un brivido crepuscolare - si spezzò d'un tratto il vincolo della nascita - la catena della luce. Svanì la magnificenza terrestre e il mio lutto con lei - confluì in un mondo nuovo e impenetrabile la malinconia - e tu, estasi della notte, sopore del cielo scendesti su di me - la contrada lentamente si sollevò; e sulla contrada aleggiò il mio spirito nuovo, liberato. Il tumulo divenne una nube di polvere - attraverso la nube io vidi le fattezze trasfigurate dell'amata. Nei suoi occhi posava l'eternità - afferrai le sue mani, e le lacrime divennero un vincolo scintillante, inscindibile. Millenni dileguarono in lontananza, come uragani. Al suo collo piansi lacrime d'estasi per la nuova vita. - Fu questo il primo, unico sogno - e da allora sento un'eterna, immutabile fede nel cielo della notte e nella sua luce, l'amata.
Questo inno rappresenta la trascrizione artistica dell’esperienza mistica alla tomba si Sophie:il poeta giunge alla certezza dell’esistenza di un’altra vita attraverso l’amore e la visione dei “tratti trasfigurati” dell’amata morta;per un attimo viene sollevato nel regno della notte;il legame della nascita,della vita si rompe ed egli prova indicibile gioia. La traccia duratura di quest’esperienza č la fede nella notte e nel suo sole: l’amata. Attraverso l’esperienza, sia pure istantanea, della rinascita il poeta sente di appartenere ormai al mondo del giorno e a quello della notte, a quello del finito e a quello dell’infinito.
Oben baut er sich Hütten, Hütten des Friedens, sehnt sich und liebt, schaut hinüber, bis die willkommenste aller Stunden hinunter ihn in den Brunnen der Quelle zieht - das Irdische schwimmt oben auf, wird von Stürmen zurückgeführt, aber was heilig durch der Liebe Berührung ward, rinnt aufgelöst in verborgenen Gängen auf das jenseitige Gebiet, wo es, wie Düfte, sich mit entschlummerten Lieben mischt. Noch weckst du, muntres Licht den Müden zur Arbeit - flößest fröhliches Leben mir ein - aber du lockst mich von der Erinnerung moosigem Denkmal nicht. Gern will ich die fleißigen Hände rühren, überall umschaun, wo du mich brauchst - rühmen deines Glanzes volle Pracht - unverdrossen verfolgen deines künstlichen Werks schönen Zusammenhang - gern betrachten deiner gewaltigen, leuchtenden Uhr sinnvollen Gang - ergründen der Kräfte Ebenmaß und die Regeln des Wunderspiels unzähliger Räume und ihrer Zeiten. Aber getreu der Nacht bleibt mein geheimes Herz, und der schaffenden Liebe, ihrer Tochter. Kannst du mir zeigen ein ewig treues Herz? hat deine Sonne freundliche Augen, die mich erkennen? fassen deine Sterne meine verlangende Hand? Geben mir wieder den zärtlichen Druck und das kosende Wort? Hast du mit Farben und leichtem Umriß Sie geziert - oder war Sie es, die deinem Schmuck höhere, liebere Bedeutung gab? Welche Wollust, welchen Genuß bietet dein Leben, die aufwögen des Todes Entzückungen? Trägt nicht alles, was uns begeistert, die Farbe der Nacht? Sie trägt dich mütterlich und ihr verdankst du all deine Herrlichkeit. Du verflögst in dir selbst - in endlosen Raum zergingst du, wenn sie dich nicht hielte, dich nicht bände, daß du warm würdest und flammend die Welt zeugtest. Wahrlich ich war, eh du warst - die Mutter schickte mit meinen Geschwistern mich, zu bewohnen deine Welt, sie zu heiligen mit Liebe, daß sie ein ewig angeschautes Denkmal werde - zu bepflanzen sie mit unverwelklichen Blumen. Noch reiften sie nicht diese göttlichen Gedanken - Noch sind der Spuren unserer Offenbarung wenig - Einst zeigte deine Uhr das Ende der Zeit, wenn du wirst wie unsereiner, und voll Sehnsucht und Inbrunst auslöschest und stirbst. In mir fühl ich deiner Geschäftigkeit Ende - himmlische Freiheit, selige Rückkehr. In wilden Schmerzen erkenn ich deine Entfernung von unserer Heimat, deinen Widerstand gegen den alten, herrlichen Himmel. Deine Wut und dein Toben ist vergebens. Unverbrennlich steht das Kreuz - eine Siegesfahne unsers Geschlechts.
HinĂĽber wall ich,
Und jede Pein
Wird einst ein Stachel
Der Wollust sein.
Noch wenig Zeiten,
So bin ich los,
Und liege trunken
Der Lieb' im SchoĂź.
Unendliches Leben
Wogt mächtig in mir
Ich schaue von oben
Herunter nach dir.
An jenem HĂĽgel
Verlischt dein Glanz -
Ein Schatten bringet
Den kĂĽhlenden Kranz.
O! sauge, Geliebter,
Gewaltig mich an,
DaĂź ich entschlummern
Und lieben kann.
Ich fĂĽhle des Todes
VerjĂĽngende Flut,
Zu Balsam und Ă„ther
Verwandelt mein Blut -
Ich lebe bei Tage
Voll Glauben und Mut
Und sterbe die Nächte
In heiliger Glut.
Ora so quando sarĂ l'ultimo mattino - quando la luce non mette piů in fuga la notte e l'amore - quando eterno sarĂ il sonno e un solo sogno inesauribile. Celeste stanchezza sento in me. - Lungo e faticoso mi fu il pellegrinaggio alla tomba santa, grave la croce. Chi ha assaporato l'onda cristallina che, impercettibile ai sensi comuni, zampilla nel grembo oscuro del tumulo, ai cui piedi s'infrange il flutto terrestre, chi stette sopra le montagne all'estremo limite del mondo, e guardò di lĂ , nella nuova terra, nella dimora della notte - costui davvero non torna al travaglio del mondo, alla terra dove la luce abita in eterna inquietudine. Lassů costruisce le sue capanne, capanne di pace, ardentemente desidera e ama, guarda al di lĂ , finchĂ© la piů gradita di tutte le ore non lo trascina giů, nella vena della fonte - dove galleggiano i residui terrestri, sospinti indietro dai turbini; ma ciò che sacro divenne al contatto d'amore, corre disciolto per tramiti oscuri alla sfera ultraterrena, dove si fonde, simile a vapore, con gli amori assopiti. Ancora tu risvegli, allegra luce, lo stanco al lavoro - m’infondi vita gioiosa -però non mi attiri lontano dal monumento muscoso del ricordo. Lieto voglio agitare le mani operose, guardarmi intorno, dovunque tu avrai bisogno di me -esaltare la piena magnificenza del tuo splendore -assiduamente perseguire la bella concordanza della tua opera ingegnosa -lieto voglio osservare il saggio cammino del tuo potente orologio che splende -scrutare l'equilibrio delle forze e le norme del giuoco prodigioso degli spazi innumerevoli e dei loro tempi. Ma fedele il mio cuore segreto rimane alla notte,e a suo figlio, l'amore che crea. Puoi tu mostrarmi un cuore fedele in eterno?Ha il tuo sole occhi amici che mi ravvisino? e le tue stelle afferrano la mia mano supplichevole?Mi rendono in cambio la tenera stretta e la parola affettuosa?Tu l'hai adornata di colori e lievi contorni -o fu lei che diede significato piů alto e piů caro alla tua grazia? Quale voluttĂ , quale godimento offre la tua vita, che in fascino equivalgano ai rapimenti della morte?Non porta i colori della notte tutto quanto ci esalta?Lei ti porta maternamente,e tu le devi tutta la tua gloria. Svaniresti in te stessa -nell'infinito spazio ti sperderesti,se lei non ti tenesse,nĂ© ti serrasse,così che calda, accesa,con la tua fiamma generassi il mondo. Veramente ero prima che tu fossi -la madre m’inviava ad abitare coi miei fratelli il tuo mondo,a consacrarlo con l'amore,perchĂ© fosse un monumento da contemplarsi in eterno -e a trapiantarvi fiori che non appassiranno. Non sono ancora maturati questi pensieri divini -E sono ancora scarse le tracce della nostra rivelazione -Un giorno il tuo quadrante segnerĂ la fine del tempo, quando una nostra eguale, o luce, tu sarai;piena di nostalgia, di fervore ti spegnerai e morirai. Sento in me la fine dell'opera tua laboriosa -libertĂ celeste, ritorno beato. In selvaggi dolori riconosco la tua lontananza dalla nostra patria, la tua riluttanza all'antico splendido cielo. La tua furia e il tuo sdegno sono vani. Indistruttibile sta la croce -vittoriosa insegna della nostra stirpe.
Mi libro al di lĂ ed ogni mia pena sarĂ uno stimolo d’ebbrezza eterna. Tra poco libero sarò da catene, giacerò inebriato nel grembo d'amore. In me vita ondeggia potente, infinita: io guardo dall'alto laggiů, verso te. Si spegne il tuo vivo fulgore sul colle - ed un'ombra porta la fresca corona. Aspirami in te, o amato, con forza, perchĂ© mi addormenti e impari ad amare. Sento in me della morte l'onda che fa giovani, in balsamo ed etere si muta il mio sangue - Io vivo di giorno con fede e coraggio e muoio le notti in ardore sacro.
Mostra come il poeta sia ormai diventato l’annunciatore del legame che esiste tra il mondo della luce e quello della notte, e senta la nostalgia di quest’ultimo. Se ben si comprende l’annuncio che fa Novalis, i due mondi non devono essere concepiti come contrari ma,come la reciproca integrazione,e il reciproco completamento. La parola “morte “ non compare, compare invece la croce chiamata “vessillo trionfale della nostra stirpe” perchĂ© č simbolo di morte e insieme di redenzione, č la chiave per entrare nel regno della notte. L’inno si conclude con versi in rima alternata,che esprimono la nostalgia della morte,della croce ed anche se non viene nominato,di Cristo.
Auf ewig nun von allen abgeschieden,
Was hier das Herz in sĂĽĂźer Wollust regt,
Getrennt von den Geliebten, die hienieden
Vergebne Sehnsucht, langes Weh bewegt,
Schien matter Traum dem Toten nur beschieden,
Ohnmächtiges Ringen nur ihm auferlegt.
Zerbrochen war die Woge des Genusses
Am Felsen des unendlichen Verdrusses.
Mit kĂĽhnem Geist und hoher Sinnenglut
Verschönte sich der Mensch die grause Larve,
Ein sanfter Jüngling löscht das Licht und ruht -
Sanft wird das Ende, wie ein Wehn der Harfe.
Erinnerung schmilzt in kĂĽhler Schattenflut,
So sang das Lied dem traurigen Bedarfe.
Doch unenträtselt blieb die ewge Nacht,
Das ernste Zeichen einer fernen Macht.
Zu Ende neigte die alte Welt sich. Des jungen Geschlechts Lustgarten verwelkte - hinauf in den freieren, wüsten Raum strebten die unkindlichen, wachsenden Menschen. Die Götter verschwanden mit ihrem Gefolge - Einsam und leblos stand die Natur. Mit eiserner Kette band sie die dürre Zahl und das strenge Maß. Wie in Staub und Lüfte zerfiel in dunkle Worte die unermeßliche Blüte des Lebens. Entflohn war der beschwörende Glauben, und die allverwandelnde, allverschwisternde Himmelsgenossin, die Phantasie. Unfreundlich blies ein kalter Nordwind über die erstarrte Flur, und die erstarrte Wunderheimat verflog in den Äther. Des Himmels Fernen füllten mit leuchtenden Welten sich. Ins tiefre Heiligtum, in des Gemüts höhern Raum zog mit ihren Mächten die Seele der Welt - zu walten dort bis zum Anbruch der tagenden Weltherrlichkeit. Nicht mehr war das Licht der Götter Aufenthalt und himmlisches Zeichen - den Schleier der Nacht warfen sie über sich. Die Nacht ward der Offenbarungen mächtiger Schoß - in ihn kehrten die Götter zurück - schlummerten ein, um in neuen herrlichen Gestalten auszugehn über die veränderte Welt. Im Volk, das vor allen verachtet zu früh reif und der seligen Unschuld der Jugend trotzig fremd geworden war, erschien mit niegesehenem Angesicht die neue Welt - In der Armut dichterischer Hütte - Ein Sohn der ersten Jungfrau und Mutter - Geheimnisvoller Umarmung unendliche Frucht. Des Morgenlands ahndende, blütenreiche Weisheit erkannte zuerst der neuen Zeit Beginn - Zu des Königs demütiger Wiege wies ihr ein Stern den Weg. In der weiten Zukunft Namen huldigten sie ihm mit Glanz und Duft, den höchsten Wundern der Natur. Einsam entfaltete das himmlische Herz sich zu einem Blütenkelch allmächtiger Liebe - des Vaters hohem Antlitz zugewandt und ruhend an dem ahndungsselgen Busen der lieblich ernsten Mutter. Mit vergötternder Inbrunst schaute das weissagende Auge des blühenden Kindes auf die Tage der Zukunft, nach seinen Geliebten, den Sprossen seines Götterstamms, unbekümmert über seiner Tage irdisches Schicksal. Bald sammelten die kindlichsten Gemüter von inniger Liebe wundersam ergriffen sich um ihn her. Wie Blumen keimte ein neues fremdes Leben in seiner Nähe. Unerschöpfliche Worte und der Botschaften fröhlichste fielen wie Funken eines göttlichen Geistes von seinen freundlichen Lippen. Von ferner Küste, unter Hellas heiterm Himmel geboren, kam ein Sänger nach Palästina und ergab sein ganzes Herz dem Wunderkinde:
Der JĂĽngling bist du, der seit langer Zeit
Auf unsern Gräbern steht in tiefen Sinnen;
Ein tröstlich Zeichen in der Dunkelheit -
Der höhern Menschheit freudiges Beginnen.
Was uns gesenkt in tiefe Traurigkeit,
Zieht uns mit sĂĽĂźer Sehnsucht nun von hinnen.
Im Tode ward das ewge Leben kund,
Du bist der Tod und machst uns erst gesund.
Der Sänger zog voll Freudigkeit nach Indostan - das Herz von süßer Liebe trunken; und schüttete in feurigen Gesängen es unter jenem milden Himmel aus, daß tausend Herzen sich zu ihm neigten, und die fröhliche Botschaft tausendzweigig emporwuchs. Bald nach des Sängers Abschied ward das köstliche Leben ein Opfer des menschlichen tiefen Verfalls - Er starb in jungen Jahren, weggerissen von der geliebten Welt, von der weinenden Mutter und seinen zagenden Freunden. Der unsäglichen Leiden dunkeln Kelch leerte der liebliche Mund - In entsetzlicher Angst nahte die Stunde der Geburt der neuen Welt. Hart rang er mit des alten Todes Schrecken - Schwer lag der Druck der alten Welt auf ihm. Noch einmal sah er freundlich nach der Mutter - da kam der ewigen Liebe lösende Hand - und er entschlief. Nur wenig Tage hing ein tiefer Schleier über das brausende Meer, über das bebende Land - unzählige Tränen weinten die Geliebten - Entsiegelt ward das Geheimnis - himmlische Geister hoben den uralten Stein vom dunklen Grabe. Engel saßen bei dem Schlummernden - aus seinen Träumen zartgebildet - Erwacht in neuer Götterherrlichkeit erstieg er die Höhe der neugebornen Welt - begrub mit eigner Hand der Alten Leichnam in die verlaßne Höhle, und legte mit allmächtiger Hand den Stein, den keine Macht erhebt, darauf.
Noch weinen deine Lieben Tränen der Freude, Tränen der Rührung und des unendlichen Danks an deinem Grabe - sehn dich noch immer, freudig erschreckt, auferstehn - und sich mit dir; sehn dich weinen mit süßer Inbrunst an der Mutter seligem Busen, ernst mit den Freunden wandeln, Worte sagen, wie vom Baum des Lebens gebrochen; sehen dich eilen mit voller Sehnsucht in des Vaters Arm, bringend die junge Menschheit, und der goldnen Zukunft unversieglichen Becher. Die Mutter eilte bald dir nach - in himmlischem Triumph - Sie war die Erste in der neuen Heimat bei dir. Lange Zeiten entflossen seitdem, und in immer höherm Glanze regte deine neue Schöpfung sich - und Tausende zogen aus Schmerzen und Qualen, voll Glauben und Sehnsucht und Treue dir nach - wallen mit dir und der himmlischen Jungfrau im Reiche der Liebe - dienen im Tempel des himmlischen Todes und sind in Ewigkeit dein.
Gehoben ist der Stein -
Die Menschheit ist erstanden -
Wir alle bleiben dein
Und fĂĽhlen keine Banden.
Der herbste Kummer fleucht
Vor deiner goldnen Schale,
Wenn Erd und Leben weicht,
Im letzten Abendmahle.
Zur Hochzeit ruft der Tod -
Die Lampen brennen helle -
Die Jungfraun sind zur Stelle
Um Ă–l ist keine Not -
Erklänge doch die Ferne
Von deinem Zuge schon,
Und ruften uns die Sterne
Mit Menschenzung und Ton.
Nach dir, Maria, heben
Schon tausend Herzen sich.
In diesem Schattenleben
Verlangten sie nur dich.
Sie hoffen zu genesen
Mit ahndungsvoller Lust -
DrĂĽckst du sie, heilges Wesen,
An deine treue Brust.
So manche, die sich glĂĽhend
In bittrer Qual verzehrt,
Und dieser Welt entfliehend
Nach dir sich hingekehrt;
Die hĂĽlfreich uns erschienen
In mancher Not und Pein -
Wir kommen nun zu ihnen
Um ewig da zu sein.
Nun weint an keinem Grabe,
FĂĽr Schmerz, wer liebend glaubt.
Der Liebe sĂĽĂźe Habe
Wird keinem nicht geraubt -
Die Sehnsucht ihm zu lindern,
Begeistert ihn die Nacht -
Von treuen Himmelskindern
Wird ihm sein Herz bewacht.
Getrost, das Leben schreitet
Zum ewgen Leben hin;
Von innrer Glut geweitet
Verklärt sich unser Sinn.
Die Sternwelt wird zerflieĂźen
Zum goldnen Lebenswein,
Wir werden sie genieĂźen
Und lichte Sterne sein.
Die Lieb' ist frei gegeben,
Und keine Trennung mehr.
Es wogt das volle Leben
Wie ein unendlich Meer.
Nur Eine Nacht der Wonne -
Ein ewiges Gedicht -
Und unser aller Sonne
Ist Gottes Angesicht. Sopra le stirpi degli uomini largamente diffuse nel passato regnava un destino ferreo con muta violenza.E un'oscura, grave benda avvolgeva la loro anima angosciata -Immensa era la terra -dimora degli dei,e loro patria.Da sempre esisteva la sua arcana struttura.Sui rossi monti del mattino,nel grembo sacro del mare dimorava il sole, la viva luce che ogni cosa accende.
Un antico gigante portava il mondo beato.Incatenati sotto le montagne giacevano i figli primigeni della terra madre. Impotenti nella loro furia sterminatrice contro la nuova splendida stirpe di dei e i loro simili, gli uomini felici. Il fondo oscuro, verdeggiante del mare era il grembo di una dea.Nelle grotte cristalline un popolo esuberante viveva nell'abbondanza.Fiumi, alberi,fiori e animali avevano sensi umani.Piů dolce era il sapore del vino donato da una visibile pienezza giovanile -un dio nei grappoli -un'amorosa, materna dea cresceva nei gonfi, aurei covoni -era la sacra ebbrezza d'amore un dolce rito della divinitĂ piů bella -un'eterna, variopinta festa dei figli del cielo e degli abitatori della terra passava stormendo la vita,come una primavera,attraverso i secoli -Tutte le stirpi infantilmente adoravano la multiforme,tenera fiamma come la cosa del mondo suprema.Solo un pensiero, un'immagine spaventosa di sogno era quella
La vicenda luce-notte viene concepita storicamente con la presentazione del mondo antico,pagano e del mondo vivificato dalla presenza di un mediatore divino:Cristo,del quale senza indicarlo esplicitamente, traccia un percorso poetico della sua vita fino alla Resurrezione,all’Ascensione per poi accennare ai primi secolo di Cristianesimo. Novalis, in questo canto, canta il cammino attraverso il quale l’umanitĂ arriva a comprendere il significato della vita e della morte e a vincerne il terrore; la credenza negli antichi dei e il seguente scetticismo nei loro confronti sono gradi attraverso cui l’umanitĂ doveva passare prima di arrivare ad una superiore conoscenza, quella che le sarebbe stata aperta da Cristo. Il canto sulla vita di Gesů, corrisponde perfettamente col racconto evangelico,tranne che per un singolare particolare: tra coloro che accorrono ad ascoltare le parole del Cristo giovinetto,v’č anche un cantore venuto dall’Ellade e che poi andrĂ a dare la buona novella in India. Certamente si tratta della “concretizzazione” della poesia e, Probabilmente l’autore ha pensato a se stesso nel presentare questo personaggio. Il cantore č “nato sotto il sereno cielo dell’Ellade”: il mondo in mezzo al quale il poeta visse la sua breve vita stravedeva per questo mondo,la idealizzava e cercava in essa le forme di vita umana piů alte e piů perfette, Essa era la patria di una idoleggiata umanitĂ precristiana,sentita prevalentemente come antitetica al Cristianesimo. L’autore accetta l’immagine di un Ellade serena ed armoniosa;ma fa capire anche che l’armonia e la serenitĂ non sono sufficienti a spiegare l’enigma della more,per cui anche l’ammiratore del mondo classico si trova davanti ad una difficoltĂ insormontabile, se non č sostenuto dall’esperienza cristiana. L’immagine del cantore che “partì ,colmo di gioia per l’Indostan” costituisce un altro polo della poesia e del pensiero romanrico: India era simbolo della Sehnsucht nach der Ferne, della terra lontana,favolosa,della gran madre di innumerevoli stirpi umane,così come il sospiro per l’Ellade era espressione di nostalgia verso le proprie radici culturali.
Il Cristianesimo ha dunque il potere di completare e operare una sintesi tra le diverse aspirazioni religiose esplicatisi in diverse spoche e in diversi paesi.
VI inno-
Sehnsucht nach dem Tode
Hinunter in der Erde SchoĂź,
Weg aus des Lichtes Reichen,
Der Schmerzen Wut und wilder StoĂź
Ist froher Abfahrt Zeichen.
Wir kommen in dem engen Kahn
Geschwind am Himmelsufer an.
Gelobt sei uns die ewge Nacht,
Gelobt der ewge Schlummer.
Wohl hat der Tag uns warm gemacht,
Und welk der lange Kummer.
Die Lust der Fremde ging uns aus,
Zum Vater wollen wir nach Haus.
Was sollen wir auf dieser Welt
Mit unsrer Lieb und Treue.
Das Alte wird hintangestellt,
Was soll uns dann das Neue.
O! einsam steht und tiefbetrĂĽbt,
Wer heiĂź und fromm die Vorzeit liebt.
Die Vorzeit wo die Sinne licht
In hohen Flammen brannten,
Des Vaters Hand und Angesicht
Die Menschen noch erkannten.
Und hohen Sinns, einfältiglich
Noch mancher seinem Urbild glich.
Die Vorzeit, wo noch blĂĽtenreich
Uralte Stämme prangten,
Und Kinder fĂĽr das Himmelreich
Nach Qual und Tod verlangten.
Und wenn auch Lust und Leben sprach,
Doch manches Herz fĂĽr Liebe brach.
Die Vorzeit, wo in Jugendglut
Gott selbst sich kundgegeben
Und frĂĽhem Tod in Liebesmut
Geweiht sein sĂĽĂźes Leben.
Und Angst und Schmerz nicht von sich trieb,
Damit er uns nur teuer blieb.
Mit banger Sehnsucht sehn wir sie
In dunkle Nach gehĂĽllet,
In dieser Zeitlichkeit wird nie
Der heiĂźe Durst gestillet.
Wir mĂĽssen nach der Heimat gehn,
Um diese heilge Zeit zu sehn.
Was hält noch unsre Rückkehr auf,
Die Liebsten ruhn schon lange.
Ihr Grab schlieĂźt unsern Lebenslauf,
Nun wird uns weh und bange.
Zu suchen haben wir nichts mehr -
Das Herz ist satt - die Welt ist leer.
Unendlich und geheimnisvoll
Durchströmt uns süßer Schauer -
Mir deucht, aus tiefen Fernen scholl
Ein Echo unsrer Trauer.
Die Lieben sehnen sich wohl auch
Und sandten uns der Sehnsucht Hauch.
Hinunter zu der sĂĽĂźen Braut,
Zu Jesus, dem Geliebten -
Getrost, die Abenddämmrung graut
Den Liebenden, BetrĂĽbten.
Ein Traum bricht unsre Banden los
Und senkt uns in des Vaters SchoĂź.
ANELITO ALLA MORTE
Porta il titolo di “Desiderio di morte” ed esprime in sestine la gioia per la morte,sentita come un esperienza finale di trascendenza che dischiude all’uomo la nuova patria. Il significato dell’Inno non č un invito a fuggire dal mondo ma, nel giubilo esaltato ed esaltante con cui viene presentato il beatifico vento:il raggiungimento del Regno dei Cieli č il culmine della storia dell’umanita ,e anche il fine di ogni individuo. Sono le persone care che hanno giĂ fatto l’esperienza della morte a infonderci il sospiro,il desiderio,la “sehnsucht” per essa,per l’immersione nell’eternitĂ . LĂ il poeta arriverĂ accompagnato e guidato dalla sposa e dal Cristo:Cristo e Sophie compaiono insieme a suggellare gli inni.
In conclusione: Il poeta ,istintivamente portato come tutti i viventi ad amare la luce,comprende il significato della notte attraverso la dolorosa esperienza della perdita dell amata;trasporto nei suoi regni attraverso una visione, ne ritorna portandone in cuore la nostalgia e col proposito di farsene banditore tra gli uomini pur assolvendo i doveri r gli obblighi dell’operositĂ nel regno della luce,cioč nel mondo terrestre.L’esperienza dell’AldilĂ ,effettuata dal poeta attraverso l’apparizione della donna amata e la vista della croce, č stata portataall’umanitĂ tutta dalla comparsa di Cristo che ha segnato l’inizio di un era nuova, perchĂ© ha disgelato il mistero della morte e dissolto il terrore che si aveva di essa.
Gli “Inni”si presentano così come la figurazione poetica di un Vangelo romantico e ,contengono tutta l’esperienza di vita e il pensiero di Novalis:la ricerca della strada per “ritornare” da questo mondo dei sensi e delle apparenze,al mondo vero ;il ricongiungimento con la fonte divina,la unione mistica,sentita come un intervento della Grazie. Fin qui il cammino intellettuale di Novalis coincide con quello dei mistici ma,da questo punto in poi, l’itinerario di Novalis s’allunga perché prevede il ritorno fra gli uomini per farsi annunciatore del mondo di cui ha appena intravisto lo splendore,del quale diverrà poi spettatore eterno solo a morte avvenuta.
“ Geistliche Lieder” “Canti spirituali”
Si tratta di quattordici componimenti,ideati e stesi tra il 1799 e il 1800.Poesie su argomenti religiosi non erano una novitĂ nella produzione dell’autore in questione;vi rientrano alcuni componimenti giovanili,del periodo scolastico,quando la posizione dell’autore sotto il segno del razionalismo illuministico e dell’ammirazione per Klopstock. Ma fu ,ancora una volta, l’esperienza dolorosa della perdita della fidanzata a far maturare in lui il problema religioso con la certezza della mediazione di Cristo, e a rendere possibile una concezione tanto originale nell’ambito del canto religioso. I canti sono l’opera piů popolare dell’autore,popolaritĂ facilitata dalla semplicitĂ ,dalla scorrevolezza del ritmo,della luminositĂ delle immagini,alla forza di sintesi del pensiero…
Questi quattordici canti nacquero dal desiderio di rinnovare i libri dei canti in uso in quel periodo nelle chiese luterane.
“Heinrich von Ofterdingen“ „ Enrico di Ofterdingen“
Questo romanzo incompiuto di Novalis – solo la prima parte č completa, della seconda esiste solo il capitolo iniziale – č ambientato nell’alto medioevo e racconta l’iniziazione del giovane Enrico di Ofterdingen. All’inizio della storia uno straniero racconta ad Enrico di luoghi remoti misteriosi e di un fiore blu. Quando questo meraviglioso fiore – quintessenza della capacitĂ intuitiva di comprendere la realtĂ e della nostalgia tutta romantica per l’infinito - gli appare in sogno e si trasforma nel viso di una fanciulla, Enrico presagisce quale sarĂ lo scopo della sua vita, ovvero seguire la vocazione per la poesia e l’amore. Guidato da questa visione e da un suo presentimento, Enrico inizia un viaggio che lo porterĂ a conoscere, tramite racconti e dialoghi, il senso della sua stessa vita e del suo tempo: il mondo delle esperienze della mitica preistoria, dell’Oriente e della guerra, ma anche della natura e della storia gli appare via via attuale. Tutte queste conoscenze contribuiscono a “plasmare le forze interne” che dispiegano lo “spirito della poesia”.
Giunto alla fine del suo viaggio, Enrico conosce il poeta Klingsohr e la figlia Mathilde. Klingsohr gli fa comprendere l’essenza della poesia, Mathilde, nella quale Enrico riconosce il viso di fanciulla che gli era apparso in sogno, gli fa conoscere l’amore. La fiaba che Klingsohr racconta alla fine della prima parte, introduce alla seconda parte incompiuta, che, con il definitivo annullamento dei confini tra realtà e sogno, doveva assumere essa stessa un carattere fiabesco.
Appunti contradditori di Novalis accennano al proseguimento della storia: dopo la morte di Mathilde, Enrico entra nel regno dei morti per cercarla; successivamente prende parte alla gara dei cantori della Wartburg, viene incoronato poeta e può finalmente liberare il mondo dalla coercizione del tempo e dello spazio – ma tutto ciò potrà avvenire solo quando avrà conosciuto la vita di corte, la condotta di guerra e le epoche della storia dell’uomo e quando avrà percorso l’evoluzione della vita nella natura attraverso la metempsicosi.
Nella prima parte del testo il sogno può essere interpretato come torpore mentre la veglia esaltazione della ragione: essere completamente svegli permette di essere totalmente ricettivi al mondo circostante
una veglia capace di far emergere progressivamente ciò che in precedenza era sopito nell'inconscio. Il processo d'iniziazione diventa così il riconoscimento e il ricongiungimento con tutto ciò che č presente nella realtĂ .
Per fare questo č necessario uscire dalla tradizione logica delle classificazioni mentali, degli stereotipi, degli status
Il fiore azzurro die blaue baum č la metafora del raggiungimento, ed in se raccoglie tutte le forme della conoscenza che l'individuo deve acquisire per poter raggiungere la perfezione. Una maturazione che si sviluppa attraverso la ricerca personale, l'iniziativa, e non certo aspettando gli eventi, con la casualitĂ
Durante il racconto vi č il continuo passaggio a scenari diversi, un'immersione nella natura e nello spazio per poter riemergere nelle forme di un altro scenario e di un altro spazio: una continua affermazione della vita, di una rinascita continua
Il fiore non a caso č collocato nell'eden, la condizione primordiale dell'uomo; raggiungerlo significherebbe quindi ricostituire la propria origine.
Un principio che la perfezione č raggiungibile che si riscontra piů tipicamente delle popolazioni nordiche (Handerberg č tedesco) che delle civiltĂ cattoliche
Novalis ci trasmette una costante, il sentimento inteso come fonte di energia, alimentazione della propria vita intellettiva, che per esprimersi al massimo deve saper conciliare razionalitĂ e sentimenti
Quando il padre si risveglia ed il figlio tenta di raccontargli il sogno il genitore minimizza; ma Einrich insiste per far comprendere quanto l'analisi dei propri sogni o di cosa si fa in sogno, può aumentare la conoscenza di noi stessi. E' quindi una sorta di laicizzazione del sogno (ma inteso come ricerca, percorso iniziatico) come attività della coscienza umana, che si rivitalizza e progressivamente si libera dagli schemi intellettivi portando alla luce delle potenzialità nascoste
Anche il viaggio con la madre rappresenta un'opportunitĂ per fare vuoto e rendersi disponibile ad essere ricettivi, a voler conoscere, a voler sentire, a voler soffrire; č una concentrazione che permette di acquisire nuovi modi di vedere e di vivere, e la convivenza della moltitudine dei nuovi mondi della percezione che abbiamo conosciuto, permetterĂ di poter vivere afferrando e leggendo le corrispondenze che formano la trama della realtĂ
Ed il racconto che Einrich ascolterĂ dai mercanti gli insegnerĂ un altro concetto fondamentale: la trama delle connessioni va afferrata in modo spontaneo e sinergico, leggendo ed interpretando nell'insieme, senza cadere nelle categorizzazioni, senza inscatolare ogni elemento della realtĂ in una categoria precostituita.
Un concetto valido anche per il principio dell' amore: conoscendosi profondamente nessun aspetto della vita apparirĂ scontato
Nel sesto capitolo Einrich incontra Matilde. I due giovani s'innamorano subito, come nella realtĂ (Friedrich e Sophie), dove Novalis dirĂ dell'incontro: "furono i quindici minuti che cambiarono completamente la mia vita". Un riferimento che ritroviamo anche nel testo: Enrich sente che doveva incontrarla in quel momento, una sorta di fatalitĂ che si sarebbe trasformata nella piů importante esperienza sentimentale. Un episodio raccontato in tre pagine, in tutta la sua spontaneitĂ e naturalezza. Uno scrittore di romanzi avrebbe descritto la storia con centinaia di pagine attraverso la minuziositĂ dei dialoghi e dei particolari. Novalis invece ci riproduce tutto con immediatezza in quanto insieme al suo amore č proteso verso nuovi orizzonti e non sente la necessitĂ di soffermarsi su qualcosa che non va descritto (l'amore) ma va vissuto in ogni momento. Matilde č probabilmente una delle prime figure femminili in letteratura che s'innamora guardando e trovando negli occhi di una persona la sua stessa luce; e anche il dialogo a pagina 98 ci dimostra che il congiungimento tra uomo e donna, relazione d'armonia e di condivisione dove non esistono segreti, č possibile.
Dai due giovani nasce un figlio, Astralis, una valenza simbolica, che rappresenta la riproduzione della coscienza del padre e della volontĂ di continuare il percorso che conduce alla nascita di nuove esperienze
Sempre nel sesto capitolo Novalis descrive due personalitĂ umane differenti tra loro: gli uomini d'azione, protesi verso la ricerca e la conoscenza, e gli uomini contemplativi, incapaci di prendere iniziativa, in balia delle emozioni e che affronteranno la vita soltanto quando le situazioni si presenteranno nella loro complessitĂ .
La veglia di Einrich si caratterizza quindi dalla capacitĂ di osservare un mondo illuminato da una luce nuova, che permette di afferrare i legami analogici della realtĂ . L"Einrich di Ofterdingen" č un racconto esegetico: per comprenderlo il lettore č invitato ad immedesimarsi, unico modo per capire le parole e le emozioni del personaggio
Bibliografia: Novalis
Hymnen an die Nacht (1797, 1800)
BlĂĽtenstaub (1798)
Die Lehrlinge zu Sais (1798-1799)
Christenheit oder Europa (1799)
Geistliche Lieder (1799)
Marienlieder (1799)
Heinrich von Ofterdingen (1798-1801, 1802)
(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)
Opere
Hymnen an die Nacht ovvero Inni alla notte costituiscono l’unico ciclo di poesia compiuto,pubblicato durante la vita di Novalis; il testo comparso sull’ultimo numero di Athenaum nell’agosto 1800, č quello definitivo dell’Autore. Gli “Inni” ad eccezione del VI, della fine dell’IV e di tre parti del V, furono scritti in prosa ritmica.I inno-
Welcher Lebendige, Sinnbegabte, liebt nicht vor allen Wundererscheinungen des verbreiteten Raums um ihn, das allerfreuliche Licht - mit seinen Farben, seinen Strahlen und Wogen; seiner milden Allgegenwart, als weckender Tag. Wie des Lebens innerste Seele atmet es der rastlosen Gestirne Riesenwelt, und schwimmt tanzend in seiner blauen Flut - atmet es der funkelnde, ewigruhende Stein, die sinnige, saugende Pflanze, und das wilde, brennende, vielgestaltete Tier - vor allen aber der herrliche Fremdling mit den sinnvollen Augen, dem schwebenden Gange, und den zartgeschlossenen, tonreichen Lippen. Wie ein König der irdischen Natur ruft es jede Kraft zu zahllosen Verwandlungen, knüpft und löst unendliche Bündnisse, hängt sein himmlisches Bild jedem irdischen Wesen um.- Seine Gegenwart allein offenbart die Wunderherrlichkeit der Reiche der Welt.
Abwärts wend ich mich zu der heiligen, unaussprechlichen, geheimnisvollen Nacht. Fernab liegt die Welt - in eine tiefe Gruft versenkt - wüst und einsam ist ihre Stelle. In den Saiten der Brust weht tiefe Wehmut. In Tautropfen will ich hinuntersinken und mit der Asche mich vermischen.- Fernen der Erinnerung, Wünsche der Jugend, der Kindheit Träume, des ganzen langen Lebens kurze Freuden und vergebliche Hoffnungen kommen in grauen Kleidern, wie Abendnebel nach der Sonne Untergang. In anderen Räumen schlug die lustigen Gezelte das Licht auf. Sollte es nie zu seinen Kindern wiederkommen, die mit der Unschuld Glauben seiner harren?
Was quillt auf einmal so ahndungsvoll unterm Herzen, und verschluckt der Wehmut weiche Luft? Hast auch du ein Gefallen an uns, dunkle Nacht? Was hältst du unter deinem Mantel, das mir unsichtbar kräftig an die Seele geht? Köstlicher Balsam träuft aus deiner Hand, aus dem Bündel Mohn. Die schweren Flügel des Gemüts hebst du empor. Dunkel und unaussprechlich fühlen wir uns bewegt - ein ernstes Anlitz seh ich froh erschrocken, das sanft und andachtsvoll sich zu mir neigt, und unter unendlich verschlungenen Locken der Mutter liebe Jugend zeigt. Wie arm und kindisch dünkt mir das Licht nun - wie erfreulich und gesegnet des Tages Abschied.- Also nur darum, weil die Nacht dir abwendig macht die Dienenden, sätest du in des Raumes Weiten die leuchtenden Kugeln, zu verkünden deine Allmacht - deine Wiederkehr - in den Zeiten deiner Entfernung. Himmlischer, als jene blitzenden Sterne, dünken uns die unendlichen Augen, die die Nacht in uns geöffnet. Weiter sehn sie, als die blässesten jener zahllosen Heere - unbedürftig des Lichts durchschaun sie die Tiefen eines liebenden Gemüts - was einen höhern Raum mit unsäglicher Wollust füllt. Preis der Weltkönigin, der hohen Verkündigerin heiliger Welten, der Pflegerin seliger Liebe - sie sendet mir dich - zarte Geliebte - liebliche Sonne der Nacht,- nun wach ich - denn ich bin Dein und Mein - du hast die Nacht mir zum Leben verkündet - mich zum Menschen gemacht - zehre mit Geisterglut meinen Leib, daß ich luftig mit dir inniger mich mische und dann ewig die Brautnacht währt.
Nell’enumerazione dei tre regni della natura “…la respira la pietra scintillante, in eterno riposo, la pianta sensitiva che sfugge, e il multiforme animale istintive -ma sopra tutti lo splendido intruso …” appare chiaro il riferimento al I libro della Genesi narrante la creazione del mondo che, come in questo verso culmina con il richiamo all’uomo, ”lo splendido intruso” l’essere per cui il mondo non č patria, l’essere che aspira a tornare nella patrie celeste nel grembo del padre, l’essere che nella sua essenza č estraneo al mondo terreno ma che č destinato a soggiogare.
In quest’inno appare uno dei termini preferiti da Novalis: la “malinconia”( “wehmut”). Essa esprime secondo Novalis, il sentimento che di li a poco diverrĂ il “male del secolo” la Sehnsucht, ovvero quella nostalgia inappagata,infinita e rivolta a qualcosa di grande della cui infinitĂ si č consapevoli.II inno-
Muß immer der Morgen wiederkommen? Endet nie des Irdischen Gewalt? unselige Geschäftigkeit verzehrt den himmlischen Anflug der Nacht. Wird nie der Liebe geheimes Opfer ewig brennen? Zugemessen ward dem Lichte seine Zeit; aber zeitlos und raumlos ist der Nacht Herrschaft.- Ewig ist die Dauer des Schlafs. Heiliger Schlaf - beglücke zu selten nicht der Nacht Geweihte in diesem irdischen Tagewerk. Nur die Toren verkennen dich und wissen von keinem Schlafe, als dem Schatten, den du in jener Dämmerung der wahrhaften Nacht mitleidig auf uns wirfst. Sie fühlen dich nicht in der goldnen Flut der Trauben - in des Mandelbaums Wunderöl, und dem braunen Safte des Mohns. Sie wissen nicht, daß du es bist der des zarten Mädchens Busen umschwebt und zum Himmel den Schoß macht - ahnden nicht, daß aus alten Geschichten du himmelöffnend entgegentrittst und den Schlüssel trägst zu den Wohnungen der Seligen, unendlicher Geheimnisse schweigender Bote.III inno-
Einst da ich bittre Tränen vergoß, da in Schmerz aufgelöst meine Hoffnung zerrann, und ich einsam stand am dürren Hügel, der in engen, dunklen Raum die Gestalt meines Lebens barg - einsam, wie noch kein Einsamer war, von unsäglicher Angst getrieben - kraftlos, nur ein Gedanken des Elends noch.- Wie ich da nach Hülfe umherschaute, vorwärts nicht konnte und rückwärts nicht, und am fliehenden, verlöschten Leben mit unendlicher Sehnsucht hing:- da kam aus blauen Fernen - von den Höhen meiner alten Seligkeit ein Dämmerungsschauer - und mit einemmale riß das Band der Geburt - des Lichtes Fessel. Hin floh die irdische Herrlichkeit und meine Trauer mit ihr - zusammen floß die Wehmut in eine neue, unergründliche Welt - du Nachtbegeisterung, Schlummer des Himmels kamst über mich - die Gegend hob sich sacht empor; über der Gegend schwebte mein entbundner, neugeborner Geist. Zur Staubwolke wurde der Hügel - durch die Wolke sah ich die verklärten Züge der Geliebten. In ihren Augen ruhte die Ewigkeit - ich faßte ihre Hände, und die Tränen wurden ein funkelndes, unzerreißliches Band. Jahrtausende zogen abwärts in die Ferne, wie Ungewitter. An Ihrem Halse weint ich dem neuen Leben entzückende Tränen.- Es war der erste, einzige Traum - und erst seitdem fühl ich ewigen, unwandelbaren Glauben an den Himmel der Nacht und sein Licht, die GeliebteIV inno-
Nun weiß ich, wenn der letzte Morgen sein wird - wenn das Licht nicht mehr die Nacht und die Liebe scheucht - wenn der Schlummer ewig und nur Ein unerschöpflicher Traum sein wird. Himmlische Müdigkeit fühl ich in mir.- Weit und ermüdend ward mir die Wallfahrt zum heiligen Grabe, drückend das Kreuz. Die kristallene Woge, die gemeinen Sinnen unvernehmlich, in des Hügels dunkelm Schoß quillt, an dessen Fuß die irdische Flut bricht, wer sie gekostet, wer oben stand auf dem Grenzgebürge der Welt, und hinübersah in das neue Land, in der Nacht Wohnsitz - wahrlich der kehrt nicht in das Treiben der Welt zurück, in das Land, wo das Licht in ewiger Unruh hauset.V inno-
Über der Menschen weitverbreitete Stämme herrschte vor Zeiten ein eisernes Schicksal mit stummer Gewalt. Eine dunkle, schwere Binde lag um ihre bange Seele - Unendlich war die Erde - der Götter Aufenthalt, und ihre Heimat. Seit Ewigkeiten stand ihr geheimnisvoller Bau. Über des Morgens roten Bergen, in des Meeres heiligem Schoß wohnte die Sonne, das allzündende, lebendige Licht. Ein alter Riese trug die selige Welt. Fest unter Bergen lagen die Ursöhne der Mutter Erde. Ohnmächtig in ihrer zerstörenden Wut gegen das neue herrliche Göttergeschlecht und dessen Verwandten, die fröhlichen Menschen. Des Meers dunkle, grüne Tiefe war einer Göttin Schoß. In den kristallenen Grotten schwelgte ein üppiges Volk. Flüsse, Bäume, Blumen und Tiere hatten menschlichen Sinn. Süßer schmeckte der Wein von sichtbarer Jugendfülle geschenkt - ein Gott in den Trauben - eine liebende, mütterliche Göttin, emporwachsend in vollen goldenen Garben - der Liebe heilger Rausch ein süßer Dienst der schönsten Götterfrau - ein ewig buntes Fest der Himmelskinder und der Erdbewohner rauschte das Leben, wie ein Frühling, durch die Jahrhunderte hin - Alle Geschlechter verehrten kindlich die zarte, tausendfältige Flamme, als das höchste der Welt. Ein Gedanke nur war es, Ein entsetzliches Traumbild,
Das furchtbar zu den frohen Tischen trat
Und das GemĂĽt in wilde Schrecken hĂĽllte.
Hier wußten selbst die Götter keinen Rat
Der die beklommne Brust mit Trost erfĂĽllte.
Geheimnisvoll war dieses Unholds Pfad,
Des Wut kein Flehn und keine Gabe stillte;
Es war der Tod, der dieses Lustgelag
Mit Angst und Schmerz und Tränen unterbrach.
che si accostò tremenda ai gai conviti
e in selvaggio terrore avvolse gli animi.
Non seppero gli dei dare un consiglio
che fosse di conforto ai cuori oppressi.
La via di questo demone era arcana,
non lo placava supplica né offerta;
fu la morte a interrompere quest'orgia
con l'angoscia, le lacrime e il dolore.
Per sempre ora da tutto ciò diviso
che a dolce voluttĂ qui muove il cuore,
lontano dagli amati, in cui si accende
vana sete quaggiů, lungo rimpianto,
parve assegnato al morto solo un sogno
fioco, a lui solo un'impotente guerra.
S'infranse l'onda del piacere contro
la roccia di un cordoglio interminato.
Con fuoco d'intelletto, animo audace,
l'uomo abbellì per sé l'orrenda larva,
un dolce efebo spegne il lume e dorme -
dolce č la morte come un soffio d'arpa.
Si scioglie la memoria in flutto d'ombre,
così fu il canto balsamo agli afflitti.
Ma un enigma restò la notte eterna,
di un lontano potere il grave segno.
Declinava verso la sua fine il vecchio mondo.Sfioriva il giardino di delizie della giovane stirpe -lassů, nel libero spazio deserto
anelavano a salire
gli uomini divenuti
consapevoli, adulti.
Scomparvero gli dei col loro seguito -
Solitaria e inanimata
stava la natura.
La legavano con ferrea catena
l'arido numero
e il metro severo.
Come in polvere ed aria
si frantumò in parole oscure
l'immensurabile
fioritura della vita.
Fuggita era la fede evocatrice
e la celeste compagna
che tutto trasfigura,
tutto congiunge fraternamente,
la fantasia.
Soffiava un ostile
freddo vento del nord
sulla campagna spogliata,
e nell'etere si dissolse
l'irrigidita patria del miracolo.
Le lontananze
del cielo si colmarono
di mondi luminosi.
In piů profondo santuario,in piů alto spazio dello spirito volò coi suoi poteri l'anima del mondo -per dominare lĂ fino al sorgere dell'albeggiante magnificenza del mondo.La luce non fu piů dimora degli dei
e segno celeste -essi si avvolsero nel velo della notte.E la notte fu il grembo potente delle rivelazioni -lĂ tornarono gli dei-caddero nel sonno,per ridestarsi in nuove piů splendide forme sopra il mondo mutato.Tra il popolo da tutti disprezzato,precocemente maturo e sdegnosamente divenuto estraneo alla beata innocenza della giovinezza,apparve con volto non mai veduto il mondo nuovo -Nella povertĂ di una poetica capanna - Un figlio della prima vergine e madre -di misterioso abbraccio frutto infinito.La rigogliosa, presaga sapienza d'Oriente fu la prima a conoscere l'inizio del tempo nuovo -E all'umile culla del re, una stella
le mostrava il cammino.Nel nome del futuro lontano gli resero omaggio con profumo e splendore,le piů alte meraviglie della terra.Solitario il cuore divino si schiuse ad un calice di onnipotente amore -volgendosi al viso sublime del Padre e riposando sul seno beato di presagi della madre amabilmente grave.Con divinizzante fervore guardava il profetico occhio del fiorente fanciullo ai giorni del futuro,e agli amati, germogli della sua stirpe divina,non curando il terrestre destino dei suoi giorni.Presto intorno a lui si adunarono gli spiriti candidi come fanciulli,miracolosamente rapiti da profondo amore.E una nuova, strana vita germogliava come i fiori nella sua vicinanza.Parole inesauribili e lietissimi annunzi caddero come scintille di uno spirito divino dalle sue labbra amiche.Da rive lontane,nato sotto il chiaro cielo dell'Ellade,venne un cantore alla terra di Palestina e donava tutto il suo cuore al fanciullo miracoloso:
Tu sei il fanciullo che da lungo tempo
medita assorto sulle nostre tombe;
nella tenebra un segno che consola -
di umanitĂ piů alta inizio lieto.
Quanto in grave tristezza ci sommerse
ora al di lĂ ci trae con dolce ardore.
Nella morte si aprì la vita eterna,
tu sei la morte, e noi sola risani.
Il cantore andò pieno di gioia nell'Indostan, -col cuore ebbro di dolce amore;e lo versava in canti accesi sotto quel mite cielo,così che mille cuori s'inchinarono a lui,e il lieto annunzio cresceva in migliaia di rami.
Subito, dopo l'addio del cantore,la preziosa vita fu offerta in sacrificio alla profonda decadenza umana -Morì giovane d'anni,strappato via dal diletto mondo,dalla madre in lacrime dagli amici suoi sgomenti.La bocca soave vuotò l'oscuro calice di dolori ineffabili -In spaventosa angoscia si avvicinava l'ora della nascita del mondo nuovo.Duramente lottò contro i terrori dell'antica morte -Gravava su di lui pesantemente
il vecchio mondo.Ancora una volta guardò la madre con occhi amorosi -venne allora la mano liberatrice dell'eterno amore -e dolcemente egli spirò.Solo per pochi giorni si stese sul mugghiante mare e sopra la terra tremante un cupo velo -lacrime innumerevoli piansero gli amati -Fu svelato il mistero -spiriti celesti sollevarono la pietra vetusta dalla tomba oscura.Angeli sedevano presso il dormiente -dai suoi sogni teneramente creati -Risorto in nuova magnificenza divina egli ascese la cima del mondo appena nato -seppellì con la propria mano l'antico cadavere nell'antro abbandonato,e vi posò con mano onnipotente la pietra che nessuna forza piů solleva.
Piangono ancora i tuoi diletti lacrime di gioia,
lacrime di commozione e di infinita gratitudine sul tuo sepolcro -sempre ancora ti vedono,con gioioso spavento,risuscitare -e se stessi con te;ti vedono piangere con dolce fervore sopra il beato seno della madre,con gli amici gravemente incedere,dire parole come strappate al tronco della vita;ti vedono impaziente di tornare tra le braccia del Padre,portando l'umanitĂ giovane,e il calice inesauribile del futuro dorato.Presto la madre ti raggiunse -in trionfo celeste -Per prima ti fu accanto nella nuova patria.Lunghi tempi trascorsero da allora,e in sempre piů alto splendore si muoveva la nuova tua creazione -e da angosce e tormenti vennero a te mille cuori,pieni di fede, ardore e devozione -si librano con te con la vergine celeste nel regno dell'amore -servono nel tempio della celeste morte e sono tuoi in eterno.
La pietra č sollevata -
l'umanitĂ č risorta -
noi tutti siamo tuoi,
non sentiamo piů vincoli.
Fugge ogni pena amara
davanti all'aurea coppa,
se nell'ultima Cena
terra e vita dileguano.
La morte invita a nozze,
chiare ardono le lampade -
sono pronte le vergini,
d'olio non c'č mancanza -
GiĂ gli spazi lontani
del tuo corteo risuonino,
e noi le stelle chiamino
con lingua e voce umana.
GiĂ verso te, Maria,
mille cuori si levano.
In questa vita d'ombre
anelano a te sola.
Sperano, con presaga
gioia, che li risani -
se tu li stringi, o santa,
al tuo petto fedele.
Tanti spiriti, ardendo
consunti in pene amare,
da questo mondo in fuga
si sono a te rivolti;
e in nostro aiuto accorrono
nell'ora del bisogno -
per restare in eterno
con te, ci uniamo a loro.
Non piange su nessuna
tomba chi crede ed ama.
Ora a nessuno il dolce
bene d'amore č tolto -
Lo esalta, per placare
il suo ardore, la notte -
figli fedeli in cielo
vegliano sul suo cuore.
Consolata va la vita
verso la vita eterna;
da ardore intimo esteso
si schiara il nostro senno.
FluirĂ il mondo degli astri
in succo aureo di vita,
noi potremo gustarlo,
saremo chiare stelle.
L'amore č liberato,
non piů separazione.
La vita ondeggia piena
come un mare infinito.
Solo una notte d'estasi -
Solo un poema eterno -
e il sole di noi tutti
č il volto di Dio.
Laggiů nel suo grembo, lontano
dai regni della luce, ci accolga
la terra! Furia di dolori e spinta
selvaggia č segno di lieta partenza.
Dentro l'angusta barca č veloce
l'approdo alla riva del cielo.
Sia lodata da noi l'eterna notte,
sia lodato il sonno eterno.
Ci ha riscaldati il torrido giorno,
ci ha fatti avvizzire il lungo affanno.
Non ci attraggono piů terre straniere,
vogliamo tornare alla casa del Padre.
Qui nel mondo che fare se la nostra
fedeltĂ piů non conta, nĂ© l'amore?
L'antico č giĂ da tutti abbandonato
e noi del nuovo siamo incuranti.
Sta solitario, in preda allo sconforto,
chi ardente e devoto ama il passato.
Il tempo in cui gli spiriti ardevano
luminosi in altissime fiamme,
e gli uomini conoscevano ancora
la mano e il volto del Padre.
Qualche nobile spirito incorrotto
alla sua prima immagine era eguale.
Il tempo, in cui fiorivano ancora
smaglianti i ceppi antichissimi,
e per il regno del cielo i fanciulli
si votavano al martirio, alla morte.
E se anche parlavano vita e piacere,
piů di un cuore si spezzò per amore.
Il tempo, in cui Dio stesso agli uomini
si č rivelato in giovane ardore,
e ha consacrato la sua dolce vita
per forza d'amore a morte immatura.
E angoscia e dolore non ha respinto
da sé, soltanto per esserci caro.
Con ansia struggente vediamo il passato
avvolto in notte profonda,
non sarĂ mai placata l'ardente
sete nel nostro tempo caduco.
E noi dovremo tornare in patria
per vedere questo sacro tempo.
Che cosa indugia il nostro ritorno?
GiĂ riposano in pace i piů cari.
Conclude il corso della nostra vita
la loro tomba: siamo ansiosi e tristi.
Piů nulla abbiamo qui da cercare -
il cuore č sazio - il mondo č vuoto.
Per ogni vena ci trascorre un dolce
brivido, misterioso e infinito -
mi sembra di udire, da lontananze
profonde, un'eco del nostro lutto.
Per noi sospirano anche gli amati,
ci mandano il soffio del loro anelito.
Laggiů ci accolga la sposa
soave, e Gesů prediletto -
Consolato spunta il crepuscolo
per gli amanti, i cuori afflitti.
Un sogno spezza i nostri legami
e ci immerge nel grembo del Padre.